I custodi delle tradizioni
della Val di Sieve


La Toscana sconosciuta
Rufina, Pontassieve, Pelago. Questi nomi si susseguivano davanti a me sulla strada che da Firenze porta al Casentino e alla Val d'Orcia. Mentre attraversavo questi luoghi, non pensavo che qui potesse esserci qualcosa di straordinario o degno di attenzione.

Un incontro inaspettato mi ha fatto scoprire non solo un nuovo posto, ma anche tutta una valle di cui non sospettavo nemmeno l'esistenza.

La Val di Sieve
Supero la scritta "Rufina", attraverso il ponte e, prima del tabernacolo con la Madonna, giro a destra. C'è una strada tortuosa che porta verso l'alto. Altre due curve a gomito e imbocco una stradina di campagna: cortili rurali, boschetti di lillà, glicini in fiore. Mi fermo davanti ad un cancello con la scritta "Agriturismo La Fontaccia".
Davanti a me vedo un campo con una decina di sfumature di verde, un cipresso color smeraldo, un prato rigoglioso. L'uliveto è immerso in un tappeto floreale giallo-verde. Sotto i piedi scricchiola la ghiaia. Lungo il percorso spuntano dei cespuglietti di rosmarino e basilico.

Elisabetta mi saluta con la mano. Riccioli biondi, sorriso dolce, abito lungo. Dall'altro lato esce un ragazzo dai capelli scuri con una camicia a quadri. Samuele. Aspetto risoluto, occhi verde brillante.

Come tutto ebbe inizio
" Il mio trisnonno era un proprietario terriero e noi siamo diventati contadini."
Un giorno, alla madre di Elisabetta arrivarono delle tasse molto salate da pagare per un podere situato in un paesino a 30 chilometri da Firenze. Si trattava di un terreno di 14 ettari che, negli anni '20 del secolo scorso, era una fiorente azienda vinicola. Più recentemente, invece, la casa era diventata un deposito per vecchi mobili e, solo di rado, veniva utilizzata dalla famiglia per trascorrere le vacanze a contatto con la natura.

La madre di Elisabetta chiese consiglio: come deposito sembrava essere troppo costoso, non restava che vendere la proprietà. Fu allora che, per la prima volta, lo zio di Samuele pronunciò la parola "agriturismo". Esistono dei finanziamenti europei che sostengono le giovani donne in agricoltura. Perché non provare?
La famiglia di Elisabetta è fiorentina da diverse generazioni. A Rufina il trisnonno di Elisabetta era il proprietario, non lavorava la terra.
– Nessuna delle nostre famiglie si è mai occupata di agricoltura. Prima di quella conversazione sognavo un lavoro in ufficio e un appartamento in centro a Firenze. Non sapevo nulla di agriturismi. Non avevo mai preso in mano un badile o un rastrello in vita mia.

Ci pensai per molto tempo. Qualcosa dentro di me sapeva cosa fare, ma avevo molta paura. Senza Samuele non mi sarei decisa, sarei ancora lì seduta a ragionare e a fare calcoli. Lui sosteneva l'idea di avere un progetto in comune e, grazie a lui, iniziai a credere nel nostro successo.



All'inizio di questo percorso Elisabetta e Samuele avevano intenzione di assumere dei dipendenti. Non sapevano falciare l'erba, piantare, arare, cucinare per grandi compagnie né servire. Avrebbero assunto delle persone che si sarebbero occupate al posto loro di tutte quelle cose che non erano abituati a fare. Cioè tutto.

– Ero sicura, - racconta Elisabetta, che sarei diventata solo proprietaria e che tutto il lavoro "sporco" sarebbe stato fatto da qualcun altro per me. Ma ci siamo subito resi conto di quanto ciò fosse profondamente sbagliato. Ci avrebbe mandato in rovina.
– Ristrutturando la casa abbiamo capito una cosa importante: per creare un posto con un'anima, non dovevamo diventare solo gestori e manager, ma abili proprietari. Dovevamo iniziare a fare con le nostre mani ciò che sembrava essere complicato e poco prestigioso.



Samuele ha preso dimestichezza con il lavoro agricolo. Ha imparato a prendersi cura degli ulivi, a produrre il suo olio. E' stato generosamente affiancato dalle persone del luogo, contadini e vicini di casa con più esperienza. Lo hanno aiutato a capire tante cose sul rapporto con gli ulivi.

Elisabetta ha rispolverato tutte le ricette delle nonne e della mamma, ha imparato a cucinare meravigliosamente, a pulire perfettamente e a rifare i letti come negli hotel di lusso.
- Il mio trisnonno era un proprietario terriero e noi siamo diventati contadini. Ciò ha lasciato perplesse entrambe le famiglie.
I ragazzi ricordano le loro prime notti qui. Il silenzio e rumori della natura facevano paura. Il vento, il fruscio dei piccoli animali che si avvicinano alla casa. In città ci si abitua a suoni innaturali come il traffico, i clacson o le sirene. Questi suoni ti fanno sentire meno solo. Si addormentavano con fatica nel silenzio più totale.

Quando hanno iniziato a ricevere ospiti, hanno smesso di dormire. Erano convinti che qualcuno degli ospiti li chiamasse nel cuore della notte per lamentarsi, per dire che non era contento di qualcosa. Fortunatamente non è mai successo.

- All'inizio tutto ci sembrava strano. Non sapevamo cosa fare di fronte all'erba alta, agli ulivi secolari e a questi giganteschi attrezzi agricoli. Ricordo la sensazione di stanchezza costante e il senso di inadeguatezza. Il nostro cane Django è stato molto d'aiuto. Voleva che lo portassimo a spasso e, grazie alle passeggiate insieme, abbiamo scoperto gli angoli nascosti delle nostre terre. Ci ha aiutato ad ambientarci e a smettere di avere paura della natura.
Dopo la ristrutturazione, la casa ha ripreso vita. I ragazzi non hanno risparmiato sui materiali, sui servizi, sulla tecnologia. Hanno installato i pannelli solari e sfruttano l'energia prodotta per riscaldare una parte dell'acqua e gli ambienti.
I mobili antichi sono tornati utili, si adattano perfettamente ai nuovi accessori come le lampade di design create con bucce d'arancia da giovani artigiani in una cittadina vicina.
- Essere solo in due ad occuparsi di una proprietà così grande è una fatica infernale. Lavoravamo 20 ore al giorno. Colazione alle 8, lavoro, pranzo, pulizie, cena e chiacchiere con gli ospiti. Andavamo a letto verso le tre del mattino e ci alzavamo alle sei. E così ogni giorno.

Nonostante questo, la forza di volontà, il duro lavoro e la voglia di imparare ci hanno salvato economicamente. La decisione di fare tutto da soli ci ha permesso di padroneggiare nuovi mestieri e ottimizzare le spese per comprare il tanto desiderato trattore, finire un'altra stanza per gli ospiti e finalmente assumere un aiutante.


- La Fontaccia è il motore della nostra crescita interiore e del nostro sviluppo personale.
Siamo diventati persone migliori grazie a lei.
La loro vita privata si divide in "prima" e "dopo" il loro incontro, la loro vita insieme, invece, si divide in "prima" e "dopo" La Fontaccia.

- Sono istintivo, impaziente, irrefrenabile. Apro gli occhi prima che suoni la sveglia e sono pronto per irrompere nel nuovo giorno, cerco di sopraffarlo, ma non ci riesco. E' impossibile sottomettere la natura. Proprio quando mi sembra di aver finito, la natura mi dà una nuova lezione. Finisci di seminare l'erba fresca e le formiche si portano via i semi. Pianti 50 alberi da frutto e appena iniziano a fiorire ti rallegri, immaginando il bel giardino ombroso di cui potrai godere tra un paio d'anni. Ma improvvisamente arrivano i cinghiali che ti rovinano la siepe, poi i caprioli che entrano in giardino e mangiano tutti gli alberi più giovani. Dopo tre anni di sforzi, hai un nuovo giardino. Questa volta senza i frutti preferiti dei caprioli: sembra che mangino solo alcuni tipi di frutta.




- Alla fine della giornata mi sento sconfitto, devastato, esausto. Solo Elisabetta è capace di farmi credere che le cose non vadano poi così male e che tutto andrà sempre meglio.

Elisabetta è la mia bussola. Scompare dal mio campo visivo per tre ore ed io non so da che parte andare. Lei è il sistema, la cura, l'ordine.

Solo quando siamo insieme siamo in armonia. La nostra diversità e il nostro essere oppositi, messi insieme, fanno meraviglie.

Siamo in armonia l'uno con l'altra, siamo il pilastro di questo posto, il suo sostegno. Da soli non siamo niente, insieme siamo fortissimi. Siamo una forza della natura.

Questo posto è nato solo grazie alla nostra unione e al nostro amore.
- Che cosa ha spinto una coppia di vent'anni con mille opzioni per il futuro a scegliere consapevolmente una vita piena di duro lavoro?

- Il senso di responsabilità. È inaccettabile essere in possesso di un tale tesoro e lasciarselo scappare o pensare di venderlo invece di prenderlo e creare qualcosa di nuovo. Non solo per il proprio futuro, ma anche per il futuro dei propri figli e nipoti e per il futuro di questo territorio.
Rufina. Il giro dei migliori
" La normalità di questo luogo rappresenta la vera Italia"
Rufina e i suoi dintorni sono un mondo a parte. È un luogo piccolo, accogliente e molto alla mano. Qui si produce vino dal tempo degli Etruschi.

Il luogo è famoso per il Chianti Rufina, noto sin dal XV secolo e degno rivale del Chianti Classico.

Ogni giorno Elisabetta e Samuele scendono in paese, a Rufina. Scendono nel vero senso della parola perché l'agriturismo è situato ad un'altitudine di 250 metri.

In paese inizia il giro dei migliori negozietti.

Per prima cosa andiamo dal macellaio. Elisabetta compra una prelibatezza locale: il Bardiccio, una salsiccia tipica della Val di Sieve. Si distingue dalla salsiccia classica per il sapore di finocchietto selvatico e aglio.
Poi andiamo dal fruttivendolo per comprare le verdure di stagione. Quel giorno di aprile ci hanno consigliato i baccelli.

Prendiamo anche la ricotta fresca e le fragole. Più tardi, Elisabetta mescolerà le fragole con la ricotta e ci aggiungerà il miele d'acacia con note di nocciola, prodotto artigianalmente da un apicoltore di loro conoscenza. Una volta spezzettata, la spessa ricotta si mescola con il denso miele bruno e con le fragole, ottenendo un dessert dal gusto unico.
Concludiamo con una visita al panificio, Il Forno, in funzione dal 1860. Qui vengono preparati più di dieci tipi di pane. C'è il classico pane toscano, quello di farro, quello alle noci, il pane di farina di castagne con mele fresche, il pane nero con fichi e frutta secca e il pane fatto con farina di grani antichi. Un'azienda locale ha riavviato la produzione di farina di grani antichi, quelli che crescevano proprio qui nella Val di Sieve prima della guerra.

Utilizzano il lievito madre creato 50 anni fa. Se ne prendono cura e lo tramandano scrupolosamente di generazione in generazione. Come fanno con le ricette, del resto.



Visto che non ci sono altri clienti, ci lasciano entrare nel sancta sanctorum: il laboratorio di panetteria.

Gabriele sta finendo di preparare una torta di pasta sfoglia. Stende l'impasto, lo passa attraverso un'apposita macchina in modo che diventi più sottile, quindi lo bucherella con un buffo attrezzo dentato, chiamato popolarmente "bucaiola". Questo arnese serve per non far formare le bolle nella pasta sfoglia.

Una volta pronto, ricopre il foglio di pasta con verdure appetitose: zucchine e carciofi.

Ci mostra un antico forno. Lo illumina con una torcia per farci vedere quanto è profondo. Questo si usa solo per il pane e per la pizza. Lì vicino ce ne sono altri che vengono usati per i dolci.

In una piccola stanza stanno riposando le profumate colombe pasquali appena sfornate.

Mi riempio avidamente i polmoni di questo appetitoso profumo e non rifiuto la proposta di assaggiare la schiacciata toscana. Portiamo a casa il pane di farina di grani antichi e una torta all'arancia.



- Tutte queste persone sono la nostra comunità, il nostro sostegno. Siamo venuti qui senza sapere nulla del territorio né delle tradizioni locali. Loro ci hanno spiegato dettagliatamente e con molta pazienza quali sono le verdure migliori e come cucinarle, hanno condiviso con noi le loro ricette, ci hanno insegnato come prepararle, ci hanno dato tanti consigli.


Per un fornaio di professione è normale produrre pane eccezionale perché l'ha sempre fatto. E prima che lo facesse lui, il pane veniva preparato da suo padre e prima ancora da suo nonno. Il fornaio non si rende conto della sua unicità, ma noi sì.


Col passare del tempo, il giro dei negozietti di Rufina si è trasformato nel rituale preferito degli ospiti de "La Fontaccia".


I nostri servizi potrebbero essere limitati al pernottamento e alla prima colazione, ma noi offriamo molto di più. Desideriamo davvero che i nostri ospiti capiscano il territorio e la sua cultura.



.










- Questo paese e questa regione sono tenuti in piedi dai migliori. Se non fosse per questi artigiani, imprenditori e maestri, non ci sarebbero né la nostra grande cultura né le nostre tradizioni.

E' grazie ai nostri antenati che l'Italia è diventata il sinonimo di "qualità garantita", dalla gastronomia all'arte.
La nostra missione principale è andare avanti così.
O almeno cercare di non rovinare tutte le cose meravigliose iniziate da altri.

Vogliamo accudire, conservare, onorare e mantenere con orgoglio le tradizioni che, giustamente, sono considerate le migliori del mondo.

Io, come toscano, come italiano, semplicemente non ho il diritto di fare male il mio lavoro.

E' per questo che scelgo il meglio: i negozietti, le ricette, i sapori, i prodotti. Questo è il meglio per noi e per i nostri ospiti.

Fare tutto al meglio è nel DNA della nostra nazione e della nostra Toscana.
Val di Sieve
"I paesaggi locali non hanno niente da invidiare a quelli del Chianti Classico"
Rufina si trova nel punto di incontro tra due fiumi, l'omonima montagna e il fiume Sieve. Il fiume dà il nome al territorio: Val di Sieve.

Passando vicino alla valle, gli abitanti del luogoerano abituati ad attraversarla, era un luogo di passaggio. Per questo, ancora oggi, ci sono pochi turisti. Neanche i Fiorentini conoscono fino in fondo questo territorio. E' sempre rimasto nell'ombra.
La Val di Sieve è letteralmente un ponte che collega Firenze al resto della Toscana. Per esempio, nel XII secolo, di qui passava la via del grano che andava dal Mugello a Firenze.
I paesaggi locali non hanno nulla da invidiare a quelli del Chianti Classico. La strada si snoda tra vigneti e uliveti, boschi e montagne, in cui irrompono antichi castelli ed abbazie.

Ad esempio, da "La Fontaccia" merita procedere in direzione di Pontassieve, sulla strada del Passo della Consuma, sulla carta SR 70.

Da qui è possibile raggiungere il castello medievale di Nipozzano, proprietà dei Frescobaldi, famosi produttori di vino. Da lì si aprono panorami meravigliosi.

Si può anche lasciare l'auto e fare una passeggiata tra i vigneti. Samuele ci mostra il percorso sulla carta. Nelle vicinanze di Rufina hanno ripristinato i percorsi a piedi che una volta erano le uniche strade a disposizione degli abitanti del luogo. Le strade passano attraverso fattorie, aziende agricole e viste da favola. E' il luogo perfetto per il trekking panoramico.

E' meglio proseguire con il finestrino abbassato e lasciarsi stupire per come cambiano non solo i paesaggi, ma anche i profumi. Poco a poco i vigneti lasciano il posto ai faggi e alle foreste di castagni. Inizia la zona boscosa.

Lì si può accostare per gustare un trancio di focaccia con i funghi appena sfornata in un posticino pittoresco. La preparano in un bar-pasticceria-panetteria. Ci sono anche delle macchine che vendono la frutta. E' un posto in stile anni '60.
La Val di Sieve è un diamante grezzo
Più avanti, lungo la strada, si trova l'Abbazia di Vallombrosa. Fu fondata nell'XI secolo da San Giovanni Gualberto, un nobile fiorentino che ha iniziato la vita monastica e ha fondato il nuovo ordine dei vallombrosani. Furono proprio questi monaci che piantarono per la prima volta nei boschi locali una rara specie di abete bianco. Si dice che sia un albero mistico: trasmette un senso di sacralità e suscita il desiderio di meditare. La foresta di Vallombrosa è una riserva naturale.

Più avanti ci sono altre due sorprese: il Castello di Romena dell'XI secolo e la Pieve di San Pietro di Romena del XII secolo. Questi luoghi sembrano usciti da un quadro.

Poco dopo l'incantevole città di Poppi, si trova la graziosa cittadina di Stia ai piedi della quale si può fare il bagno in un freddo fiumiciattolo.

Proseguendo ci sono le foreste del Casentino: luogo amato dagli eremiti che cercano pace e tranquillità.



La Fontaccia si trova a mezz'ora dal Casentino, dal Mugello e da Firenze.

- La Toscana è la nostra regione preferita per trascorrere le vacanze. Quando abbiamo un paio di giorni liberi, chiudiamo il nostro podere e andiamo alla ricerca di nuove esperienze e di luoghi autentici "


C'è una linea sottile che separa lo sviluppo del territorio dalla creazione di attrazioni turistiche.

Quando le peculiarità locali vengono sfruttate troppo si perde molto quell'autenticità che fa amare l'Italia.

Questi luoghi sono interessanti per i turisti, ma la gente del posto li considera adatti solo ai visitatori. Sta scomparendo l'originalità e la naturalezza delle trattorie, delle botteghe e dei negozi italiani.

In Val di Sieve, invece, non ci sono posti creati artificialmente. Le botteghe locali, i negozietti, le trattorie e le cantine sono sempre state così. La loro peculiarità sta nella normalità.

Samuele non lascia andare gli ospiti fino a che non gli raccontano come pensano di trascorrere la giornata. All'improvviso hanno deciso di andare a Firenze in auto? Ma perché! Qui la stazione dei treni è vicina e in soli 25 minuti si arriva in centro.

Samuele e Elisabetta sono fiorentini, conoscono tanti sentieri inesplorati e tutti i luoghi segreti. Nessun ospite si avventura senza un itinerario e senza istruzioni dettagliate per la giornata.

I sogni
"Vogliamo essere gli angeli custodi di questo territorio."
Ora, dopo 10 anni, posso dirlo: niente è più naturale del lavoro all'aria aperta. Lavorare la terra, piantare, coltivare. I nostri genitori con il tempo hanno creduto in questo progetto. Il padre di Samuele è felice di arare e piantare, ci aiuta con gli ulivi ogni fine settimana.

Certo, questo lavoro ci toglie la libertà. È molto più facile vivere senza responsabilità e senza doversi prendere cura di niente.
- Allo stesso tempo, però, non c'è
niente di più giusto che mettere le
radici, di essere qui, in questo posto,
custodirlo e non andarcene finché
potremo essere utili al territorio e
finché le nostre gambe reggeranno.

- A dieci anni di distanza, sogno di avere qualcuno che mi aiuti a lavorare la terra. Il mio sogno è quello di produrre il mio vino, come faceva il trisnonno di Elisabetta un tempo. Vorrei avere un ettaro di vigneti, tanto per cominciare. Sogno anche di fare il miele e, perché no, la birra.

Per quanto riguarda l'agriturismo, vogliamo rimanere una struttura accogliente. Per ora ospitiamo 12 persone. Finiremo presto un'altra stanza, ma ci fermeremo qui.
- Il mio trisnonno Pietro amava moltissimo La Fontaccia e investì molte energie nella cultura vinicola locale e nello sviluppo dell'azienda agricola.

Mia nonna Renza veniva qui quando era ancora una bambina. Raccontava spesso di quanto amasse i giardini locali, di come cogliesse avidamente le ciliegie, le prugne e le albicocche. Di come si divertiva nei campi e nei prati e di quando con i genitori scendeva a Rufina sul carro trainato da un asino.


- Penso che nonna Renza e il trisnonno Pietro sarebbero orgogliosi della loro nipotina e del fatto che non abbia abbandonato questo luogo a loro caro.

So che i miei genitori sono molto fieri di me. Come anche i genitori di Samuele. Senza il supporto di entrambe le famiglie tutto ciò non sarebbe stato possibile.

Voglio che La Fontaccia fiorisca e dia i suoi frutti, i preferiti di mia nonna e non solo.


- Vogliamo continuare ad essere gli angeli custodi di questo territorio. Cambiare questo paesaggio tessendolo con il nostro punto di vista, i nostri pensieri, le nostre idee. Vivere l'unione con il territorio ogni giorno.


Dopotutto, qui non siamo solo dei semplici residenti, ma siamo una parte attiva di questo contesto.
Ora anche noi facciamo parte della Val di Sieve. Noi siamo la nostra valle.
Se andate in Toscana, passate a trovare Elisabetta, Samuele. E Django.